Il cattolicesimo nella Moldavia – Romania nel XVIII secolo

  • Roma 1997

La ricerca e l’indagine sulla presenza cattolica in Moldavia sono sempre state scarse anche a riguardo della successiva immigrazione di cattolici dalla Transilvania in Moldavia iniziata nel XVIIIo secolo. Per questo motivo l’argomento di questa dissertazione si è limitato alla presenza cattolica in questo principato dell’attuale Romania e proprio per questo periodo poco conosciuto anche agli stessi cattolici moldavi.
Prima del secolo in discussione nella nostra tesi, la presenza cattolica in Moldavia si era concretizzata nei vescovato di Milcov, o dei cumani (1227-1241)), voluto dalla corona magiara, poi in quelli di Siret (1371-1434), Baia (1418-1525) e Bacau (1607-1818), costituiti nel contesto degli interessi della corona cattolica polacca. Nel quadro di quest’ultimo vescovato, nel 1625 la Congregazione di Propaganda Fide affidò all’Ordine dei Francescani Minori Conventuali i destini del cattolicesimo in Moldavia, costituendo così la missione “primogenita” di questa congregazione.
Fino al secolo cui è interessato il nostro studio, i conventuali avevano faticato abbastanza in una Moldavia sottoposta al dominio ottomano e travagliata da numerose guerre e scorrerie, per poter conservare “nell’ovile cattolico” una piccola minoranza cattolica che alla fine del ‘600 contava all’incirca 300 anime. Partendo da quel epoca così dura per la storia civile e religiosa dello stato moldavo, la nostra dissertazione accompagna passo per passo i missionari e i fedeli cattolici per tutto il XVIIIo secolo cercando di esporre cronologicamente e anche sinteticamente i principali problemi della missione cattolica, che alla fine di questo secolo contava all’incirca 13.000 cattolici.

Per quanto riguarda i problemi principali della missione, il primo capitolo è da considerarsi come una necessaria introduzione alla storia laica e religiosa nella Moldavia del XVIIIo secolo con riflessi pure nella missione dei conventuali. Con il secondo ed il terzo capitolo, invece, cercheremo di presentare la vita e l’attività dei missionari, le difficoltà nel lavoro pastorale, il loro quotidiano vivere nelle loro piccole e povere comunità che erano come delle isolette in un mare ortodosso. Non mancheranno al momento opportuno degli accenni sulla loro ambientazione nel contesto di una Moldavia che solo verso la fine del XVIIIo secolo comincia a godere un po’ di tranquillità e una relativa stabilità politica e sociale. E forse non è senza importanza sottolineare il fatto che i conventuali italiani si adattavano facilmente al contesto locale, accontentandosi di poco, imparando un po’ la lingua romena e qualche parola del dialetto ungherese “csángók”; però, sono stati anche parecchi missionari che hanno imparato molto bene il romeno, facendo anche delle traduzioni in questa lingua per l’uso catechistico dei missionari stessi. Si deve aggiungere anche il fatto che date le difficili condizioni di vita ivi presenti, si contano non pochi missionari che hanno desiderato rimpatriare nella speranza di una vita meno travagliata in Italia e nei loro conventi.
Se il secondo e il terzo capitolo tentano di tracciare un quadro cronologico della vita e dell’attività dei missionari, l’ultimo capitolo è riservato ad un’analisi globale delle condizioni interni della missione, partendo dal basso, cioè dalla gente cattolica; osservando poi attentamente il loro tenore di vita, come anche il loro modo di vivere la fede, con i pregi e le inevitabili insufficienze e infine il loro pacifico rapporto con gli ortodossi. Soprattutto per la seconda metà del secolo, cercheremo di tracciare un quadro abbastanza completo sull’evoluzione numerica delle comunità, sulla loro organizzazione intorno ai principali centri missionari, le parrocchie, dando così la possibilità al lettore di capire come e in quale contesto si è andato consolidando il cattolicesimo moldavo alla fine del XVIIIo secolo, un consolidamento che rappresenterà la base di ulteriori lenti ma sicuri sviluppi della missione, sviluppi interni, organizzativi, ma anche pastorali e spirituali concretizzati con l’erezione del vescovado di Iasi nel 1884 e della provincia dell’ordine francescano dei frati minori conventuali nel 1895.

L’attenzione del quarto capitolo si ferma anche sulle condizioni esterne della missione, su quei fattori, istituzioni e personaggi che hanno influito anche se poco notevolmente, lo dobbiamo dire, sull’andamento della missione. Cioè non mancheremo di presentare i vescovi di Bacau ed i loro rari interventi nella vita della loro diocesi. Sarà presentato pure il protettorato delle grandi potenze europee, come la Polonia, la Russia, l’Austria, un protettorato che farà ben poco per la minoranza cattolica moldava, che per loro non rappresentava nella maggioranza dei casi alcun interesse, non potendo trarre alcun vantaggio da una missione il cui numero di cattolici alla fine del secolo XVIII superava non di molto 13.000 anime. Non sarà trascurato poi il rapporto che i missionari avevano con le autorità locali, i principi, i boiari ed il clero ortodosso, e da quest’analisi risulta facile capire che nella Moldavia regnava la tolleranza religiosa (tranne qualche screzio tra i missionari e l’alto clero), tolleranza imposta anche da vari accordi e trattati internazionali firmati tra la Sublime Porta, sotto il cui dominio si trovava la Moldavia e le grandi potenze europee.Alcuni aspetti particolari della missione sono stati oggetto di studi approfonditi, per esempio le controversie tra i conventuali e i gesuiti, controversie iniziate già al momento dell’arrivo a Iasi dei pochi gesuiti polacchi alla metà del XVIo secolo, e concluse con la soppressione della Compagnia nel 1773 .